mercoledì, dicembre 11Istituto Giorgio Vasari Magazine

Astolfo sulla luna e il senno perduto di Orlando

 

Gli alunni della 4 ATC Luisa Zaccarelli e Samuele Battaglia hanno realizzato due elaborati in cui rivisitano in forma personale l’episodio dell’ “Orlando Furioso” che descrive Astolfo che va sulla luna a riprendere il senno di Orlando.  I due testi selezionati sono il prodotto di una esercitazione di letteratura italiana svolta dall’intera classe in merito alla seguente traccia assegnata dalla docente Marianna Fusco:

La parte dell’ “Orlando Furioso” dedicata ad Astolfo sulla luna è una delle più affascinanti del poema. L’immagine è quella di un paladino che si reca sulla luna per recuperare il senno perduto di Orlando furioso, e lassù trova enormi distese senza fine delle cose perse dagli uomini durante la loro vita. A chi non è mai successo di farsi domande sulla fine che fanno tutte le cose che perdiamo? Non è un caso che le prime cose perse citate da Ariosto siano le lacrime e i sospiri degli amanti e il tempo perso nel gioco e nell’ozio. In primo luogo perché amore e pigrizia sono due vizi assai diversi, ma che hanno entrambi la potenzialità di distruggere gli uomini, e poi perché sono vizi in cui è incredibilmente facile inciampare. Riscrivi la storia dell’episodio in questione, immaginando di essere Astolfo e di recarti sulla luna a cercare qualcosa di importante che hai perso (morale o materiale) e che vorresti recuperare. Puoi inserire elementi magici e fantasiosi“.

 

“Mi trovai a dover affrontare un viaggio molto particolare alla ricerca di un sentimento per me tanto importante: l’amore per la famiglia. Era, tuttavia, difficile arrivare nel luogo degli “oggetti” perduti, cioè sulla Luna. Cominciai a raccogliere informazioni e a cercare qualcuno che sapesse dirmi come fare per giungere a destinazione. Dopo aver girato in lungo e largo per il mio paese, incontrai un uomo che mi svelò che mi sarei dovuta recare in una locanda in mezzo alla campagna. Così, stanca ed affamata, arrivai nel posto indicatomi da quello strano personaggio. Dentro non vi era nessuno. Notai però, posizionati su una grande tavola, tre piatti con al loro interno del cibo.

Nel primo vi erano solo fette di pane, il secondo conteneva pollo arrosto e nel terzo c’era una fetta di torta al cioccolato. Accanto scorsi un biglietto che riportava la frase: “se mangerai tutto, troverai le tue risposte”. Così feci e, d’improvviso, apparve un ragazzo poco più grande di me, piccolo di statura e dagli occhi sfuggenti. Mi disse che era lì perché anche lui aveva perso qualcosa: la fiducia in se stesso. Mi svelò che si poteva arrivare sulla Luna tramite un enorme arcobaleno, ma che lui da solo non aveva mai intrapreso il viaggio per paura di fallire. Allora gli proposi di affrontarlo insieme e, seppur pieno di dubbi, egli acconsentì.

Uscimmo dalla locanda e ci incamminammo per quelle strada di campagna con la speranza di avvistare il famoso arcobaleno. Finalmente ci apparve dopo qualche ora e fu esso stesso ad avvolgerci tra i suoi fasci colorati e a trasportarci sulla Luna. Appena arrivammo, confusi e storditi, ci lasciammo incantare dal paesaggio che si presentava ai nostri occhi: una strana pace ci pervase e la Terra ci appariva lontanissima. Ci mettemmo subito alla ricerca di ciò che avevamo rispettivamente perso: l’amore per la famiglia e la fiducia in se stessi. Intorno a noi scorgemmo tanti vasi, ognuno recante all’interno del liquido. In alcuni di essi c’era proprio ciò che cercavamo ma, per renderlo di nuovo parte di noi, dovevamo berlo.

Il ragazzo mi chiese in che modo avessi perso l’amore per la famiglia e in un attimo le lacrime rigarono il mio viso. Cominciai a raccontargli come, a volte, nella vita ci sono eventi che colpiscono inesorabilmente e portano a non credere più in determinati valori. Ma io avevo tutta la voglia di ricrederci e riprendermi quell’amore. Anche lui mi raccontò la sua storia, segnata da fallimenti e mancate realizzazioni. Ci guardammo e insieme bevemmo il liquido, insieme ci riappropriammo di ciò che l’uomo non dovrebbe mai perdere. Eravamo di nuovo pronti a ripartire.”

Testo a cura di Luisa Zaccarelli

“Capita a tutti, prima o poi, di perdere qualcosa: soldi, documenti, oggetti cari, ma anche sentimenti come l’amore, la fiducia, la voglia di studiare.

Mi chiamo Samuele Battaglia, vivo a Rignano sull’Arno in un appartamento all’ultimo piano di un bel palazzo. Lavoro come geometra nella vicina Figline Valdarno. Ogni mattina prendo il treno e rientro a casa verso sera.

Un giorno, mentre mi recavo sul luogo di lavoro, mi accorsi di aver perso alcuni progetti di fondamentale importanza, senza i quali non mi avrebbero più pagato. Fui preso dall’ansia e, in preda al panico, cominciai ad incamminarmi pensando a come potessi risolvere. Ad un tratto un vecchietto, seduto in un bar dell’angolo, fece cenno di avvicinarmi e con un tenero tono di voce mi chiese cosa cercassi. Io, confuso e meravigliato per quella domanda, gli risposi dicendogli di aver perso i progetti di un importante fabbricato. Mi disse anche che aveva colto la mia difficoltà dal mio viso preoccupato e dal mio incedere a singhiozzi.

Continuò a parlarmi, svelandomi che esisteva un modo per recuperare gli oggetti perduti. Io sempre più stupito, non potei fare altro che affidarmi a lui. Così l’uomo mi prese per mano e, in un attimo, tutto intorno si fece buio: non si udiva nulla e non percepivo più alcuna sensazione. All’improvviso ecco una luce particolare e ci ritrovammo sulla Luna. Ritornai a respirare normalmente e l’uomo era sempre lì. Non mi diede alcuna spiegazione, ma mi disse che avevo solo poco tempo per cercare ciò che avevo perso. Era quello un luogo stranissimo con tantissimi oggetti sparpagliati e, così, mi misi alla ricerca disperata dei miei progetti. Ad un certo punto fui attratto da alcune anfore colorate che riportavano la scritta “VOGLIA DI VIVERE”.

Erano migliaia. E in un attimo mi resi conto che erano tante, forse troppe, le persone che l’avevano persa. Ero immobile davanti a quelle boccette e d’istinto le avrei volute prendere tutte per restituire la voglia di vivere a coloro che non la ritrovavano più. Il vecchietto mi disse che non spettava a me farlo. Con il cuore in gola e l’immagine di quelle scritte scolpita in testa, continuai la ricerca dei miei progetti. Li scorsi finalmente fra alcuni ammassi di rocce. Li raccolsi, li strinsi a me ed ecco di nuovo il buio all’improvviso.

Mi ritrovai vicino allo stesso bar prima dell’arrivo sulla Luna: il vecchietto non c’era più. In mano stringevo quei progetti per cui tanto mi ero disperato, ma il pensiero andava alle migliaia di anfore colorate viste sulla Luna. Ripresi il mio cammino ma non ero più così felice: io avevo ritrovato i miei progetti, ma troppi uomini restavano senza la voglia di vivere. ”

 

Testo a cura di Samuele Battaglia

 

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