venerdì, aprile 19Istituto Giorgio Vasari Magazine

L’Infinito a Recanati

In occasione del bicentenario della stesura de L’Infinito di Giacomo Leopardi, alcune classi del nostro Istituto si sono recate a Recanati, nello splendido borgo natio del Poeta e alcuni di loro, ispirati dalla bellezza della vista dell’Ermo Colle, propongono qui di seguito delle poesie.

 

 

Ritorna il sereno nel “borgo natio selvaggio”

Penso a te e non sto bene. 

Penso ad un albero. 

A un uccellino sul ramo. 

 Chiama disperatamente la mamma.

Non c’e’ anima viva

 non arriva nessuno 

l’aria diventa fredda

l’uccellino intirizzito vola via  

Se ne va dal ramo.

Ora ti riconosco.

Seguo il tuo volo 

Non vai lontano 

ti posi sul davanzale di una finestra.

Silvia si affaccia

finalmente ti sento cantare felice 

anche Silvia canta con te.

Ora siamo felici in tre.

Maria Cristina Moneti 5APD

*

Quel natio borgo selvaggio 

In quel giorno tanto atteso,                                                          
io e la mia compagnia ci recammo  a Recanati,
dove i  nobili  Leopardi vi eran nati
Il viaggio fu lungo, ma per grazia nostra
ci fermammo per qualche sosta,
giusto il tempo  per svegliarsi.
All’arrivo l’accoglienza non fu gradita,
raffiche di vento e pioggia ci colpirono fino alla dita
demoralizzando il nostro spirito!
Giunti alla porta d’ingresso di casa Leo,
la frettolosità fu il gran merito.
Ci fecero posare tutti i nostri averi,
e ci fecero proseguire verso scale e corridoi.
La nostra guida ci spiegò la storia di Giacomo
e dei suoi predecessori.
Concluso il giro il nostro stomaco brontolava,
un pranzo dai Frati ci aspettava ,
 ma la fortuna girava solo per pochi 
per coloro che si erano portati delle cibanze ed eran stati bravi cuochi

Per i restanti la ricerca di qualcosa fu cosa ardita.
Ora capisco perché Giacomo voleva scappare,
in quel posto non c’è niente da fare,
ciò che puoi trovare sono piccole locande,
ma il cibo assai scarseggia e dopo il pasto abbondante ,
ci aspettava un lungo passo.
Per strade e salite ci arrecammo,
il vento e pioggia crearono solo danno.
Ombrelli che volavano, si alzavano e rompevano
solamente tanta acqua la lieta compagnia vedeva.
In cima all’ Ermo Colle le risate furon tante
correnti di vento ci sbatacchiavano addosso,
per poco qualcuno non ci rimaneva sotto.
Ad Enrico e alla prof. l’ombrello l’abbandonò,
ma  la camminata continuò.
Giunti ad una sala, la donna che gentilmente ci accompagnò,
ci salutò.
Per concludere oltre al mal tempo,
anche il pullman per poco perdemmo.
Aspettando del tempo alla fine riuscimmo a salire,

ed il viaggio potè finire.

Giulia Savaglia  5AP

 

 

 

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