venerdì, marzo 29Istituto Giorgio Vasari Magazine

Hannah Arendt: Il bene radicale e la scelta

Alcuni studenti e studentesse del Liceo scientifico di scienze applicate dell’Istituto hanno partecipato alle gare di Olimpiadi di filosofia con un saggio filosofico elaborato a partire da alcune tracce scelte dalla commissione dipartimentale di filosofia, rispettivamente dalle docenti Maddalena Mancini e Agata Maugeri.

Qui di seguito riportiamo uno dei due saggi che ha ricevuto la menzione d’onore e svolto dallo studente Christian Cartigliani della classe 5 BLA. La traccia di indirizzo politica è la seguente:

“È anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.”

(Hannah Arendt, La banalità del male)

Il pensiero, e soltanto questo, rende l’individuo un soggetto capace di azione morale, quel processo razionale in grado di rendere manifeste le ragioni che si celano dietro alle proprie azioni e che permettono a ogni persona di agire secondo bene. Facendo riferimento al testo e dialogando con altri filosofi che conosci, argomenta questa affermazione. 

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Tra le tracce proposte, ho scelto questa perché mi interessa riflettere su questo argomento.

Nel mio percorso scolastico, con molti dei miei professori, ho imparato tanto e anche a crescere. Quello che pensavo fosse giusto in prima, mi sono accorto in quinta che magari non era così giusto.

Così partendo dalla mia esperienza, penso che qualsiasi persona possa fare dentro di sé un percorso di crescita che lo porti a capire quali possano essere i valori sociali più importanti.

In base a questo mi pongo alcune domande, ma le persone che si sono trovate, rispettando degli ordini del proprio governo, ad eseguire reati contro altri esseri umani, potevano decidere di non eseguire tali azioni?

Se io fossi stato uno di loro, avrei fatto diversamente?

Da ciò che ho sperimentato nel mio percorso di crescita, mi verrebbe da rispondermi con un sì’!

Non posso essere sicuro in modo completo che mi sarei comportato diversamente da loro, perché anche io posso sbagliare come ogni altra persona, ma ricordandomi ciò che ho scoperto e imparato in questi cinque anni, penso che avrei provato a dire di no di fronte a ordini lesivi verso gli altri.

E’ vero che nella storia molte persone hanno ucciso per obbedire agli ordini ed alle leggi della propria civiltà, ma penso che ognuno possa aver scoperto e sentito dentro di sé che stava commettendo qualcosa di sbagliato e che non avendolo voluto subire in prima persona, questo sarebbe potuto essere stato sufficiente per decidere di non farlo verso altri.

Ciò che è bene o ciò che è male si impara fin da piccoli e lo si capisce meglio crescendo, ma allo stesso tempo la paura di poter essere uccisi disobbedendo ad una legge sbagliata ha il suo potere e la storia ci insegna che molte volte questa paura ha vinto sui valori personali.

Il male ha generato la morte, ma anche l’aver scelto il bene ne ha determinate tante.

In merito mi viene in mente un film visto in classe sulla tematica della mafia intitolato Sicilian Ghost Story. La scelta del bene di un pentito di mafia, purtroppo determina indirettamente la morte del figlio sequestrato, una storia vera, quella di Giuseppe di Matteo.

Ma ricordo anche che un professore mi ha parlato di Pietro Abelardo che nel suo scritto L’Etica, si era posto un quesito simile a quello della traccia che ho scelto.

Lui si era domandato ma i centurioni romani che crocifissero Cristo e che lo fecero secondo quanto previsto dalla legge dell’epoca, se non si fossero resi conto dentro di sé che stavano facendo una cosa sbagliata, sarebbero stati giudicabili innocenti?

Tutto può cosi diventare relativo, ma penso che non lo sia nel colloquio interiore di una persona che al di là delle influenze sociali, sia cresciuta e abbia iniziato a porsi delle domande, come mi sono reso conto che ho iniziato a fare anche io nella mia esperienza.

Se fossi stato io uno dei centurioni, come se fossi stato io uno dei persecutori nei campi di sterminio, oppure fossi stato io uno degli omicidi di una vittima di mafia, cosa avrei fatto?

Anche se a rischio della mia vita, avrei preferito fermarmi di fronte al male e seguire il bene, perché ho capito che dentro di me, pur essendoci entrambi, mi interessa non far male a nessuno e far radicare il bene.

Questa è una scelta sempre possibile, anche se se ne possono subire conseguenze drammatiche.

 

Testo a cura di Christian Cartigliani 5BLA

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