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Arendt: la profondità del Bene e l’esercizio del pensiero

Alcuni studenti e studentesse del Liceo scientifico di scienze applicate dell’Istituto hanno partecipato alle gare di Olimpiadi di filosofia con un saggio filosofico elaborato a partire da alcune tracce scelte dalla commissione dipartimentale di filosofia, rispettivamente dalle docenti Maddalena Mancini e Agata Maugeri.

Qui di seguito riportiamo uno dei saggi che la commissione dipartimentale reputa meritevole  e  svolto dalla studentessa Giulia Chiantini della classe 5 BLA. La traccia di indirizzo politico è la seguente:

“È anzi mia opinione che il male non possa mai essere radicale, ma solo estremo; e che non possegga né una profondità, né una dimensione demoniaca. Può ricoprire il mondo intero e devastarlo, precisamente perché si diffonde come un fungo sulla sua superficie. È una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale.”

(Hannah Arendt, La banalità del male)

Il pensiero, e soltanto questo, rende l’individuo un soggetto capace di azione morale, quel processo razionale in grado di rendere manifeste le ragioni che si celano dietro alle proprie azioni e che permettono a ogni persona di agire secondo bene. Facendo riferimento al testo e dialogando con altri filosofi che conosci, argomenta questa affermazione.

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Cos’è il bene? E cos’è il male ? La lotta tra bene e male è giusta, è un percorso che accomuna tutti gli uomini e che rappresenta la loro vita. Hannah Arendt, ne “La banalità del male” parla di essi e di come si può contrastare il male . Si può fare con la sua antitesi, ovvero il bene dato che il pensiero e la morale possono indirizzare verso esso, ma solo quando l’uomo avrà raggiunto il bene nell’atto concreto, in una data situazione avrà sconfitto

il male.

Questo è uno dei temi che da secoli ha caratterizzato molti pensieri filosofici e che ha perseguitato molti filosofi in quanto è difficile definire il “bene” o il “male” a causa della loro soggettività e molteplicità nel mondo. Quello che per me è bene, per una persona dall’altra parte del mondo può corrispondere al male a causa delle culture e religioni diverse. Per molti secoli la religione è stata la legge unica e assoluta nel descrivere il bene e il male contrapponendola ad un uomo, esempio di perfezione a cui aspirare ma che però, non può esser raggiunto.

Infatti, Sant’Agostino, cerca di discutere e analizzare il bene e il male, mettendoli in relazione a Dio , in quanto esso è l unico a poterci concedere la grazia. Secondo il filosofo l’uomo è un soldatino di dio, che con buone o cattive azioni può incontrare il bene passando da vie oscure, anche se non potrà mai raggiungere il bene assoluto in quanto esso può essere incontrato ma non raggiunto definitivamente. L’uomo ha libero arbitrio nel muoversi tra bene e male, può prendere strade sbagliate per poi arrivare a quello che per lui corrisponde al bene. Aristotele, Platone e Sant’Agostino affermano la libertà dell’uomo nel conflitto bene-male, in quanto esseri liberi possono fare le proprio scelte, per sbagliare e migliorare se stessi.
Ma davvero è Dio a metterci al sicuro dal male? Per San Tommaso no e ne parla nella Teodicea. La dipendenza da Dio è una cosa sbagliata ai fini dell’ uomo, poiché la religione può deviare il volere reale del singolo, in quanto l’uomo non è predestinato a niente se non allo scegliere il proprio percorso, che può passare dal male, che in tal caso diventerà un percorso formativo del singolo. Io, in quanto uomo ho piene facoltà di scegliere le strade e le azioni da compiere, secondo le mie facoltà, come l’intelletto, i sensi e la libertà di scegliere come arrivare alla fine del mio percorso. Nonostante, San Tommaso si distacchi un po’ da Dio, esso è sempre presente poiché non farà trionfare il male, nonostante le vie oscure intraprese dall’uomo.

Per anni i filosofi hanno cercato di capire la provenienza del male e il perché l’uomo nonostante abbia piene facoltà di scegliere il bene a volte può incorrere in esso. Anche in questo caso alcune ipotesi sono strettamente riconducibili alla religione, in quanto l’uomo è considerato peccatore fin dal grande peccato di Adamo ed Eva e quindi a causa loro, il singolo è propenso al male. Due filosofi iconici di questa visione sono Hegel e Kant, che affermano la pendenza naturale dell’uomo verso il male, mentre il bene è identificato con la strada più difficile da intraprendere e raggiungere come obbiettivo finale del singolo. Questa visione “religiosa” del male può esser in parte vera ed attuale, poiché l’uomo in date situazioni può essere propenso al male, ma d’altra parte è difficile ricondurre tale comportamento alla religione a causa di assenza di prove. La tendenza dell’uomo al male può esser vista anche in chiave storica o di cronaca odierna o passata.

Il male non corrisponde per forza ad un male assoluto, ma spesso si ha bisogno di analizzare il contesto storico-sociale, poiché a volte chi incorre nel male può essere una vittima delle disuguaglianze economico-sociali. Fin da piccoli abbiamo studiato la storia in corrispondenza di stati e culture diverse, che si basano su gerarchie differenti, dove alle basi troviamo gli oppressi o i vinti. Quindi il male, forse corrisponde solo all’unica strada percorribile da persone schiacciate e dimenticate dalla società. Nonostante la società odierna abbia fatto molti passi avanti però esistono ancora molte disuguaglianze, tra chi ha tutto e chi niente, tra chi è bianco e chi nero e tra paesi in via di sviluppo e paesi all’avanguardia. Un esempio semplice e chiaro è proprio la criminalità che nella maggior parte dei casi è eguagliata al male.

Spesso non viene considerato un dato molto importante, ovvero che la maggior parte delle persone ritenute “criminali”, spesso non hanno un’alternativa. Ad esempio un uomo, senza lavoro,né aiuti economici che deve sfamare i suoi figli, e così incorre nella criminalità. Quindi, davvero il male deve esser ricondotto alla bontà e all’amore di persone oppresse? No, il male spesso è nei contesti e non nell’atto concreto. In una società come la nostra, dove a scapito di multinazionali e di soldi, tanti paesi vengono sfruttati fino all’osso e dove tante persone sono trattate come macchine, davvero ci aspettiamo che vinca il bene? L’industrializzazione ha cambiato il mondo, poiché ha innescato cambiamenti continui che ci hanno portato fino ad oggi, dove tutto si muove in corrispondenza di capitalisti e le loro multinazionali. Così facendo si va ad incorrere in quella che da Marx è definita “alienazione”, e quindi coloro che lavorano per il progredire della società non sono più tutelati, ma al contrario sono trattati come macchine.
Quindi, come si può parlare di bene e male se chi fa le leggi e chi giudica si siede su un’organizzazione propensa alla protezione dei più forti? No, non è possibile.

Un altro esempio di male è l’olocausto, che però corrisponde all’ignoranza e il presupposto di esser superiori grazie alla posizione sociale, colore della pelle, religione e tante altre caratteristiche che in realtà sono irrilevanti nel decidere chi deve schiacciare e chi deve essere schiacciato.

Hannah Arendt nei suoi scritti parla molto dell’olocausto e la sua citazione può esser strettamente ricondotta allo sterminio degli ebrei, poiché essa vede il male come un fungo che si espande velocemente e che mangia tutti i pensieri e le ragioni degli uomini. Ma soprattutto il male si avvale della banalità di molte persone, a volte troppo buone e a volte sottomesse, ma esso è superficiale e non radicale.

Un pensiero giusto e che rispetta i diritti del singolo provoca azioni giuste e quindi il bene, ed è proprio con esso che si può sconfiggere il male.

Ma come si può aver pensieri ed idee giuste? Probabilmente con l’educazione, poiché l’oppressore non sarebbe tale senza un qualcuno che si fa sottomettere.

Oggi giorno siamo arrivati ad un punto nel quale il male è tanto più grande del bene, che le forze motrici del mondo sono tutte erette su idee e preconcetti sbagliati. Veniamo da secoli e secoli di ingiustizie e di presupposti di esser migliori rispetto a qualcun altro, perciò come possiamo pensare di cambiare il mondo? Sicuramente dovremo partire dall’educazione delle nuove generazioni, facendole crescere con sani diritti, all’interno delle famiglie stesse e delle istituzioni scolastiche. Ciò però non eliminerà il continuo conflitto tra bene e male ma potrà almeno affievolirlo.

D’altra parte com’è possibile far trionfare il bene se non esiste una visione unitaria e universale di essa, ma solo grandi approssimazioni fatte da leggi e diritti?
Forse il conflitto bene-male è la legge regolatrice del mondo, che nella sua soggettività e in un mondo fatto da incertezze e cose momentanee fa sì che le società e le persone non smettano mai di progredire e migliorare con studi e scoperte . Il mondo è in continuo cambiamento e forse questo conflitto non è destinato a finire ma al contrario, deve progredire affinché anche la società possa progredire.

Testo a cura di Giulia Chiantini 5 BLA

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