martedì, aprile 30Istituto Giorgio Vasari Magazine

Epicuro: la cura dell’anima e la felicità

Alcuni studenti e studentesse del Liceo scientifico di scienze applicate dell’Istituto hanno partecipato alle gare di Olimpiadi di filosofia con un saggio filosofico elaborato a partire da alcune tracce scelte dalla commissione dipartimentale di filosofia, rispettivamente dalle docenti Maddalena Mancini e Agata Maugeri.

Qui di seguito riportiamo uno dei due saggi che ha ricevuto la menzione d’onore e svolto dalla studentessa Diona Hoxhaj della classe 4 BLA. La traccia di indirizzo morale è la seguente:

“Non indugi il giovane a filosofare, né il vecchio se ne stanchi. Nessuno mai è troppo giovane o troppo vecchio per la salute dell’anima, chi dice che l’età per filosofare non è ancora giunta o è già trascorsa, è come se dicesse che non è ancora giunta o è già trascorsa l’età per la felicità. Devono filosofare sia il giovane sia il vecchio: questo perché, invecchiando, possa godere di una giovinezza di beni, per il grato ricordo del passato; quello perché possa insieme esser giovane e vecchio per la mancanza di timore del futuro. Bisogna dunque esercitarsi in ciò che può produrre la felicità: se abbiamo questa possediamo tutto; se non la abbiamo, cerchiamo di far di tutto per possederla.” 

(Epicuro, Lettera a Meneceo) 

La filosofia non è solo speculazione astratta, ma è vita pratica che condiziona e indirizza la nostra esistenza. Partendo dalla lettera di Epicuro e dialogando con altri filosofi, argomenta questa affermazione. 

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La filosofia è una pratica che caratterizza la vita di ciascun individuo, soprattutto se perseguita nell’intento di raggiungere uno degli obiettivi principali della esistenza umana: la felicità. Secondo il filosofo Epicureo, infatti, l’arte della filosofia è un vero e proprio stile di vita che deve essere esercitata da ciascun uomo* a qualunque età. Nella lettera a Meneceo, il pensatore di Samo sottolinea che gli anziani debbano godere “del grato ricordo del passato […] e della mancanza di timori del futuro”.

Il raggiungimento di uno scopo così importante è determinato dalla liberazione delle quattro paure che assottigliano il cuore dell’uomo, il cosiddetto “quadrifarmaco”. Tra i vari timori si riscontrano in primis il dolore e la morte. 

La sconfitta della sofferenza, secondo il filosofo, è determinata dal fatto che essa è una sensazione provvisoria e che è destinata a dissolversi nel futuro. La morte, invece, viene descritta come un sogno infinito causato dalla disgregazione dell’anima. Pertanto, la negazione dell’esistenza di un mondo ultraterreno rimuove la paura che l’uomo, sin dalla notte dei tempi, prova verso di essa. Una volta estirpate tutte le ragioni di sconforto, l’uomo può intraprendere il percorso che lo condurrà verso la felicità attraverso la persecuzione dei piaceri. Nonostante Epicuro abbia individuato una gerarchia degli appagamenti, egli sostiene che le condizioni di ricerca della serenità siano create grazie all’amicizia. Infatti, il confronto con gli altri e la condivisione della ricerca delle felicità sono ritenute le basi necessarie dell’epicureismo. 

A tal proposito, Socrate sostiene che la virtù, ovvero sia la capacità di fare del bene, costituisca l’elemento cardine per il conseguimento della serenità. Il pensatore ateniese, inoltre, identifica con la filosofia la continua ricerca del bene, votata a un’esistenza priva di ingiustizia. Dunque, la virtù non è acquisita con la nascita, bensì scaturisce dal confronto con gli altri e dall’educazione. Tali elementi sono strettamente connessi tra di loro: sulla base della riflessione di Socrate, il vizio e il male, alle quali consegue l’infelicità dell’anima, scaturiscono dall’ignoranza. Pertanto, la cura dell’anima costituisce una delle attività più importanti dell’uomo giacché lo spirito definisce l’uomo in quanto tale. Solo attraverso l’educazione e, di conseguenza, con il dialogo l’uomo è in grado di spogliarsi dell’ignoranza che lo caratterizza e iniziare a costruire la verità. Quest’ultima non è assoluta, bensì scaturisce dall’interiorità dell’individuo. Il dialogo, infatti, aiuta a costruire la strada per giungere alla verità, ma sono i singoli soggetti che devono scegliere la via migliore. Poiché il confronto con gli altri è parte integrante della vita di ciascuno, sia il giovane che il vecchio sono soggetti a tale attività. Dunque, nessuno individuo è escluso da tale pratica e tutti possono aspirare alla felicità grazie alle buone azioni.

Sulla scia di Socrate si colloca il discepolo Platone. Quest’ultimo riprende la tesi del maestro secondo la quale la virtù coincide con la conoscenza del bene. Il comportamento virtuoso deriva da uno studio meticoloso grazie al quale la ragione impara a dominare gli istinti carnali. Tuttavia, a differenza di Socrate, Platone sottolinea la forza delle passioni poiché si rivelano essere necessarie all’equilibrio dell’anima. Le tentazioni, ovverosia i desideri carnali, possono essere condotti nella giusta direzione dalla ragione. Dunque, l’uso primario della saggezza consente all’uomo di contemplare le idee contenute nell’iperuranio affinché il singolo possa contemplare e imitare la loro perfezione nella vita. Conseguentemente, l’uomo virtuoso si solleva al di sopra della materialità per accedere al mondo intelligibile. Il concetto espresso da Platone è chiarito nel mito della biga alata del Fedro. Da quanto sostenuto da Platone, emerge che la felicità è ricercata dall’uomo nella vita terrena. Tuttavia, per quanto l’uomo aspiri alla verità, quest’ultima potrà essere ammirata solo dopo la morte del corpo, quando l’anima tornerà nell’iperuranio.

Nonostante le concezioni esposte siano diverse tra di loro su diversi aspetti, queste condividono un obiettivo unico: il raggiungimento della felicità. Mentre Epicuro incoraggia a lasciarsi trascinare da una certa categoria di piaceri, Socrate li esclude in quanto l’unico elemento necessario per la serenità è la ragione. Da tale punto di vista, la posizione di Platone permette di conciliare le emozioni con la ragione. Infatti, l’amore viene definita come la forza mediatrice che concilia il sensibile con il sovrasensibile, permettendo all’uomo di tendere verso le idee superiori nella vita terrena. Tuttavia, il filosofo sostiene che la vera felicità può essere raggiunta solo nella dimensione di perfezione del mondo delle idee. 

Tale concetto rafforza l’idea epicurea secondo la quale la salute dell’anima deve essere oggetto di interesse indipendentemente dall’età. Ciò nonostante, il filosofo di Samo sprona a vivere un’esistenza completa in quanto la felicità non può essere contemplata all’esterno della vita terrena. Al contrario, Platone incita l’individuo a ricercare la conoscenza nella vita terrena affinché la sua anima possa osservare al meglio le idee del mondo delle idee. 

Pertanto, le concezioni espresse da Platone e da Epicuro costituiscono dei modelli di vita pratica che ciascun individuo dovrebbe adottare. Indipendentemente dall’effettiva esistenza di una dimensione ultraterrena, ogni soggetto dovrebbe imparare a svolgere quelle attività che lo conducano verso l’obiettivo ultimo. Un’esistenza priva di tale caratteristica, infatti, si annuncia vuota, priva di senso che, di conseguenza, sminuisce il dono della vita concesso dalla natura. Il superamento delle difficoltà e delle incertezze avviene solo in virtù di una tranquillità intima che aiuta l’intelletto a giungere alla soluzione migliore. Al contrario, un’esistenza caratterizzata da un forte malessere interiore non permette di apprezzare ciò che ci circonda e inibisce la ricerca di una risposta alle proprie difficoltà.

L’invito a mettersi in gioco continuamente, tuttavia, non è indirizzato solo a una precisa fascia d’età, ma specialmente agli anziani. Quest’ultimi, infatti, nella maggior parte dei casi, sembrano aver perso la ragione della loro esistenza, ridimensionando la sua importa. L’atteggiamento adottato, inoltre, impedisce ai pensionati di godere a pieno gli ultimi istanti della loro vita, facendo così prevalere un forte desiderio di raggiungere l’oblio. 

In conclusione si può affermare che le riflessioni degli Antichi sembrano aver anticipato la soluzione a uno dei problemi principali della società moderna: l’incapacità di raggiungere la felicità. 

 

Testo a cura di Diona Hoxhaj 4 BLA

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