venerdì, aprile 26Istituto Giorgio Vasari Magazine

Popper: scienza, palude e palafitte

Alcuni studenti e studentesse del Liceo scientifico di scienze applicate dell’Istituto hanno partecipato alle gare di Olimpiadi di filosofia con un saggio filosofico elaborato a partire da alcune tracce scelte dalla commissione dipartimentale di filosofia, rispettivamente dalle docenti Maddalena Mancini e Agata Maugeri.

Qui di seguito riportiamo uno dei due saggi vincitori svolto dallo studente Mattia Benincasa della classe 4 BLA, la quale parteciperà alle successive gare regionali del concorso suddetto. La traccia di indirizzo teoretico è la seguente:

“La base empirica delle scienze oggettive non ha dunque in sé nulla di “assoluto”. La scienza non posa su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. É come un edificio costruito su palafitte. Le palafitte vengono conficcate dall’alto, giù nella palude: ma non in una base naturale o “data”; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido. Semplicemente ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura.”

(K. R. Popper, Logica della scoperta scientifica)

Le teorie scientifiche sono dei tentativi di descrizione vera del mondo, la cui pretesa di verità non può però in alcun modo essere provata e quindi, secondo Popper, la conoscenza umana rimane incerta poiché non vi sono verità evidenti in modo assoluto su cui poterla fondare. Facendo riferimento al testo e dialogando con altri filosofi che conosci, argomenta questa affermazione. 

 

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“La base empirica delle scienze oggettive non ha dunque in sé nulla di assoluto”. È questa la tesi sostenuta dal filosofo K. R. Popper. Un’affermazione notevole che fa riflettere su ciò che è la scienza e sul lavoro che essa ha svolto, svolge e svolgerà all’interno della nostra società. 

Egli paragona la scienza ad “un edificio costruito su palafitte”. Tali palafitte non poggiano su un “solido strato di roccia” ma vengono conficcate all’interno di una superficie paludosa. È necessario, dunque, arrivare ad una certa profondità per ritenerci soddisfatti della stabilità della struttura. Ad ogni modo, non saremo mai in presenza di “un terreno solido”.

Attraverso questa metafora, Popper esprime in modo chiaro il suo pensiero riguardo la conoscenza umana: essa rimane incerta poiché non vi sono verità così sicure da permettere “all’edificio della scienza” di ergersi su un terreno stabile. Dobbiamo così continuamente spingere in profondità le palafitte, ovvero dobbiamo continuamente ricercare, verificare e anche confutare ciò che osserviamo e studiamo con lo scopo di raggiungere una certa solidità, la quale però non è destinata a durare per sempre.

Possiamo verificare ciò che è espresso nel pensiero di Popper, osservando il corso della storia dell’umanità e della sua evoluzione. L’uomo è stato sempre interessato e impegnato nel comprendere la realtà che lo circondava. Fin dai tempi più remoti, ha provato a darsi delle risposte attraverso le divinità, entità poste al di sopra dell’uomo e responsabili di particolari fenomeni naturali come eruzioni vulcaniche, terremoti o inondazioni. Da qui, sono nate le religioni, che per secoli hanno dominato indiscusse nello studio della natura e dell’universo. La domanda principale alla quale si è cercato di rispondere in questo momento riguardava l’origine delle cose, ovvero come abbia avuto inizio e come perirà il mondo e tutto ciò che ne fa parte. Una domanda assai vasta, la cui risposta è stata discussa in particolare nel mondo greco nei secoli antecedenti la nascita di Cristo. Con l’avvento del Cristianesimo, poi, si sono assunte delle verità che si sono imposte sul mondo occidentale come dogmi inconfutabili. La Bibbia e l’Aristotelismo si erano collocate come “un solido terreno di roccia” sul quale si fondava l’intero sapere scientifico dell’epoca: tutto ciò che era in contraddizione con tali teorie non era accettato ma considerato falso e improponibile. 

Con il passare del tempo però si rendeva sempre più evidente il fatto che tale “terreno” non fosse poi così solido come si pensava. Si arriva così alla rivoluzione scientifica del 1600 in cui comincia a prendere piede e a diffondersi una nuova scienza, che sarà poi alla base di quella che conosciamo oggi. Personaggi come Copernico e Galileo spostano l’attenzione della ricerca scientifica dall’origine delle cose e della loro fine a come avvengono determinati fenomeni. Viene proposto un nuovo metodo di approccio alle discipline scientifiche basato sulle sensate esperienze e le necessarie dimostrazioni: le prime sono le esperienze compiute attraverso i sensi e dunque basate su un metodo di tipo empirico e induttivo; le seconde sono invece una serie di intuizioni logiche e matematiche che, partendo da un’intuizione di base, ci permettono di arrivare ad una determinata conclusione. Gli aspetti sperimentale e matematico diventano fondamentali per passare da un tipo di scienza puramente qualitativa ad un altro di tipo quantitativo. Ciò ha permesso dunque di affermare nuove teorie, in particolare in ambito astronomico o anatomico, tali da smontare le vecchie verità della Chiesa. A tal proposito, Galileo afferma che la fede e la ragione operano in due ambiti differenti: la prima infatti ci insegna come “si arriva in cielo” mentre la seconda ci insegna “come è fatto il cielo”. 

Una volta accettata questa separazione di competenze, dopo la rivoluzione scientifica, la scienza non è più vincolata dai dogmi della religione cristiana, e dunque la continua discussione, osservazione e studio della natura ha reso sempre più evidente come, appunto, essa sia in continua evoluzione e non stabile e solida come si pensava prima.

Prendendo in esame il pensiero di un altro filosofo del Novecento, Thomas Kuhn, si può dire che tale evoluzione è composta da due momenti: una scienza normale e una scienza rivoluzionaria. La scienza normale è costituita da una serie di paradigmi, come teorie, leggi e concetti, che vengono accettati dall’intera comunità scientifica. Quando tali paradigmi vengono scardinati e sostituiti con altri più stabili allora siamo in presenza di una scienza rivoluzionaria, la quale una volta accettata dalla comunità, ridiventa scienza normale.

Questa alternanza tra scienza normale e scienza rivoluzionaria rende molto efficacemente l’idea della non solidità e immutabilità della conoscenza umana, tanto che nel corso dei secoli abbiamo sempre osservato come i paradigmi si siano ribaltati e sostituiti a vicenda. 

Anche nei giorni nostri possiamo notare come questo scambio tra le due scienze(paradigmi) sia ancora presente. Tuttavia, l’innovazione tecnologica che ci ha dato strumenti sempre più precisi e performanti, ci ha permesso soprattutto in questo ultimo periodo storico di convalidare con certezza e sicurezza alcune teorie e ipotesi che fino a qualche secolo fa erano puramente concettuali. Se prima Galileo era riuscito a dimostrare con sole intuizioni logico matematiche cosa accade ad un corpo in assenza di attrito, senza però poterlo osservare direttamente, oggi lo possiamo vedere con dei semplici esperimenti e dunque ne siamo sicuri. È anche vero però  che si sono aperti nuovi ambiti di ricerca che hanno creato nuove incertezze e che richiedono nuove idee e ricerche.

Per concludere, possiamo perciò dire che siamo riusciti ad acquistare una certa sicurezza in molti ambiti scientifici che fino a poco tempo fa si consideravano pure ipotesi. Però ciò non interrompe l’alternarsi delle idee che sovrastano quelle vecchie e che rendono proprio instabile il terreno sul quale si fonda la scienza.

Testo a cura di Mattia Benincasa 4 BLA

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